Oggi per la nostra rubrica mensile #acompassforpoetry vi parliamo di Nietzsche, Friedrich Wilhelm, il grande filosofo nato a Rocken il 15 ottobre del 1844 e morto a Weimar il 25 agosto del 1900. La sua poesia non è così nota come la sua teoria filosofica, che ha generato concetti controversi, indiscutibili e immortali come quello dell’eterno ritorno, della volontà di potenza, dell’oltreuomo e una rivisitazione moderna dell’antico profeta iranico Zarathustra, predicatore col suo esempio della trasvalutazione dei valori.
Il lavoro di Nietzsche si pone come spartiacque tra la filosofia tradizionale e un nuovo modello di riflessione, provocatorio, informale e profondamente innovativo. I suoi versi, pur meno noti, vanno comunque considerati in continuo riferimento alla sua opera speculativa, che vi si ritrova in una forma primaria e oracolare. Questo piccolo Adelphi è del 1982 e raccoglie le sue liriche più mature nella traduzione di Giorgio Colli. La forma è marcatamente contemporanea, il verso libero presenta un discorso frammentario ed enigmatico che ha la forza del mito e dell’antico.
Questo autore è davvero sconvolgente. Ci siamo lette parecchi dei suoi testi filosofici e abbiamo sempre amato l’esperienza riflessiva che ha seguito ogni volta la lettura delle sue brillanti riflessioni. A ogni età e a ogni nuova lettura ci siamo sempre meravigliate del modo in cui egli sia riuscito ad analizzare gli argomenti più complessi con un dinamismo intellettuale unico.
La sua mente è capace di scalare verticalità inimmaginabili seguendo una logica cristallina a cui, senza la sua guida, non saremmo mai potuti giungere. La sua vita mostra una dedizione estrema alla causa intellettuale e umana della conoscenza e della verità. E così sono le sue poesie tanto vere quanto evocative. Vi lasciamo qui sotto una delle nostre preferite:
Il fuoco del faro di Nietzsche
Qui, dove tra mari l’isola crebbe,
rupe del sacrificio erta torreggiante,
Zarathustra qui sotto un nero cielo
accende i suoi fuochi dell’altezza,
fari per i naviganti smarriti,
interrogativi per chi ha una risposta…
Questa fiamma dl ventre grigiastro
– in fredde lontananza guizza la sua bramosia,
verso altezze sempre più pure essa piega il collo –
un serpente che ritto si erge per l’impazienza:
questo segno io posi qui dinanzi a me.
La mia anima, ecco, è questa fiamma:
ingordo di nuove lontananze
il suo quieto ardore all’ insù avvampa, in su.
Perché Zarathustra scansò animali e uomini?
Perché veloce sfuggì a ogni terra ferma?
Sei solitudini già conosce –
ma neppure il mare fu per lui abbastanza deserto,
l’isola lo lasciò salire, sul monte divenne fiamma;
cercando una settima solitudine
ora egli getta l’amo sopra il suo capo.
Naviganti dispersi! Frantumi di vecchi astri!
Voi mari del futuro! Inesplorati cieli!
A tutti i solitari getto adesso l’amo:
date risposta alla fiamma impaziente,
prendete a me, pescatore su alte montagne,
la mia settima, ultima solitudine!! – –
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